Il "narcisismo" impera tra noi : quale dialogo possibile?

narcisoSpesso oggi chi deve “trattare” per lavoro con i giovani, insegnanti, educatori, allenatori si trova davanti adolescenti “fragili e spavaldi” al tempo stesso, difficili da capire e soprattutto da guidare all’interno di una sana relazione educativa.

Come psicoterapeuta mi trovo sempre più frequentemente ad affrontare problematiche familiari di genitori e figli adolescenti che non riescono ad avere un dialogo, in cui  i figli sono la manifestazione di un disagio esistenziale profondo che permea purtroppo un po’ tutta la società odierna. Ma qual’è la descrizione che possiamo fare di questi giovani? Secondo la visione di Gustavo Pietropolli Charmet, grande psicologo clinico e profondo conoscitore e studioso dell’adolescenza, viviamo la fine del modello educativo fondato sulla colpa e sul castigo, di cui Edipo era il personaggio simbolo, e siamo invece piombati dagli anni ottanta in poi nel mondo di Narciso; i genitori hanno modificato la loro rappresentazione della funzione genitoriale: il figlio fin da piccolo è il “cucciolo d’oro” , bambino prodigioso,  visto come un essere da proteggere e assecondare, piuttosto che da limitare con regole e divieti. Narciso si sente legittimato fin da piccolo  di occuparsi solo di sè, libero di cercare la sua verità e le sue regole. Da grande, ovvero giovane adulto, sceglie “identità temporanee” sull’onda dell’emozione provata, fa scelte contraddittorie, mai definitive: cambia sport, cambia scuola, partner ecc.. e il contesto lo consente, tace e sta in ascolto..Per l’adolescente di oggi coltivare il proprio benessere è la cosa più importante di tutto; pensano al successo come ad un loro diritto e l’adulto non è visto come un tutore o garante di verità, ma come un alleato se vuole collaborare, sennò gli tolgono importanza, e cercano solo l’approvazione dei coetanei.

I ragazzi sono così fragili perchè crescendo sono esposti al rischio di sentirsi poco apprezzati dagli altri, di disattendere le alte aspettative createsi su di loro. Spesso i ragazzi fragili sono tentati di mettersi al riparo dalle delusioni della vita e degli amici, rifugiandosi in attività o percorsi di vita insoliti, che diluiscono i contatti sociali: la comunicazione virtuale dei social-network consente di frequentare senza correre troppi rischi altre persone, nascondigli sicuri perchè non ci si deve esporre in modo diretto, ma con alto rischio di autoesclusione dal mondo reale.

La loro spavalderia è l’altra faccia della fragilità: sono indifferenti, dediti al culto della propria persona in spregio alla deferenza attesa dagli adulti che sono solo spettatori, senza autorità. I genitori e gli insegnanti degli adolescenti di oggi hanno poco praticato la spavalderia, perchè hanno fatto i conti con l’obbedienza, la devozione..al massimo erano ribelli.

Oggi in assenza di regole e di divieti, la trasgressione ha perso di senso e prevale la noia. Ed è proprio per combattere il “dolore” mentale prodotto dalla noia che il giovane cerca soluzioni creative e intelligenti che lo faranno crescere maturare, divenendo capace di investire in modo concreto e reale su un futuro possibile.

Bibliografia:

G.Pietropolli Charmet, “Fragile e spavaldo” Ed.Laterza 2012

Associazione Minotauro, “Da Edipo a Narciso”, Atti del convegno, Milano 2005

Green, A.; “Narcisismo di vita, narcisismo di morte”, Borla, Roma 2005

Insegnamenti di vita vissuta

Vorrei fare una riflessione e  condividerla con voi: come si fa a conciliare e ben gestire tutti i ruoli diversi che dobbiamo “interpretare” nella nostra quotidianità, senza sentirci persi e confusi da queste diverse “identità”? Lo sperimento in prima persona: attualmente mi trovo a svolgere vari ruoli diversi durante la mia giornata: quello professionale di psicologa, nello studio privato di psicoterapia, quello “istituzionale” di insegnante, in una scuola superiore con ragazzi dai 16 ai 20 anni circa, e quello “famigliare” di mamma di una bimba di 6 anni. Non è affatto facile giostrarsi tra tutto questo e soprattutto trovare un senso per noi stessi, riuscendo a mantenere la nostra centralità, il nostro senso di “io chi sono”.

Mi trovo quindi a cercare di interpretare nel migliore dei modi ruoli diversi che, tutti, mi danno modo di conoscermi, mettermi in gioco e di trovare la mia individualità.  Questi contesti, secondo me, hanno qualcosa in comune…l’obiettivo finale è simile: in tutti i contesti il mio scopo è quello di IN-SEGNARE, ovvero di “ LASCIARE UN SEGNO” nell’altra persona, lasciare una traccia che gli possa essere utile per stare meglio, nel caso di un paziente che vedo in studio, che lo stimoli a crescere e ad imparare, nel caso dello studente a scuola, entrambe le cose nel caso di mia figlia.

Nella relazione educativa, infatti, il ruolo dell’adulto dovrebbe essere quello di “colui che una traccia” all’allievo e nello stesso tempo di “colui che lascia una traccia” dentro di lui; ovvero è solo attraverso una relazione speciale tra noi  e l’altro che possono passare certi insegnamenti; è la magia dell’incontro che lascia il segno, è attraverso la capacità di emozionare, di divertire, di interessare che riusciamo a colpire l’attenzione degli altri e abbiamo l’opportunità di trasmettere loro qualcosa di nostro. Questo scambio produce un cambiamento , che poi si trasformerà in un  apprendimento. Entrambi usciamo da questo scambio diversi e un po’ più ricchi.

Buona vita a tutti!